La crisi dei centri storici riflette alcune dinamiche sociali italiane di diffuso malessere per cui, se qualcosa non funziona, è imputabile a cause di forza maggiore esterne alle nostre capacità.
La disputa si snocciola seguendo un circolo vizioso, dove la colpa è, per i commercianti, esclusivamente di un comune che non finanzia (a fondo perduto) eventi per riempire le strade di persone, mentre, per i comuni, è dei commercianti che non si organizzano per creare un ennesimo consorzio che pensi ad accendere luminarie natalizie e non gravi sul bilancio.
Le ragioni della crisi dei centri storici
Le ipotesi sul perché di questo declino possono essere molteplici e disparate, e chiamano in causa il parallelo successo dei centri commerciali. I centri e le gallerie commerciali funzionano per svariati motivi; a cominciare dal fatto che offrono caldo in inverno e al fresco in estate, che invogliano i possibili acquirenti a rifugiarvisi per fare compere con più comodità. Inoltre, ogni punto vendita è scelto e deciso in modo oculato, secondo un regolamento interno ferreo che mira alla soddisfazione di una domanda studiata, misurata e alla quale si mira a rispondere con la massima precisione. In più, il centro commerciale osserva orari continuati senza sottostare ad una sigla sindacale, il che consente a chiunque, in qualsiasi momento, di entrare per fare compere. In ultimo, esiste una precisa strategia di marketing che coordina ogni negozio all’interno del centro commerciale: le vetrine sono studiate per lanciare i saldi e le varie promozioni secondo un piano ben delineato sui diversi periodi, unito a strategie per comunicare sul web.
A tal proposito, le gallerie hanno un ufficio marketing centrale che, ad esempio, grazie alle iscrizioni Wi Fi, raccoglie i nominativi e manda Sms ed Email per invitare il flusso dei consumatori a visitare il punto vendita con cadenze strategiche, sfruttando gli strumenti del web marketing. Questa strategia determina una vendita organizzata attorno alle galleria.
I limiti del piccolo commercio
Ecco emergere il palese limite del centro storico; fare “i bottegai” al giorno d’oggi non porta più all’impresa un utile guadagno. Mai a guardare le immense mancanze che ognuno di noi, nei nostri ruoli, copre perché alla fine la colpa della crisi dei centri storici è di tutti coloro che non si rinnovano e non di chi, vedendo un varco commerciale, ne ha astutamente approfittato. Sarebbe opportuno riequilibrare la proposta partendo dai punti deboli del centro storico. I negozianti sono ancorati ad una vecchia economia; chiudono ancora dalle 14.00 alle 16.00 e solo per eventi straordinari posticipano la chiusura serale, non attivano raccolte dati per promuovere a costo zero le loro promozioni, non possiedono una piattaforma on line per incentivare le vendite (se volete, date un’occhiata al nostro articolo sul perché creare un ecommerce per hotel) e non organizzano, in modo corale, una vendita mirata degli articoli.
Il ruolo delle istituzioni
La colpa della crisi dei centri storici, se vogliamo imputarla ad un capro espiatorio, è delle istituzioni, che hanno scelto, da tempo, di non preoccuparsi veramente di fare squadra, sedendosi ad un tavolo di progettazione dove, invece di organizzare feste ed eventi, possa avere posto una figura che possa coordinare le attività del centro.
Sono loro che rappresentano l’ago della bilancia e, alla fine, sarebbero loro a dover dettare le linee guida. La ricetta unica è la più vecchia del mondo: dividersi i ruoli e i compiti e soprattutto ridefinire un piano commerciale esterno che, prima di tutto, sia volto a riqualificare ciò che non funziona, ad orientarsi su cosa cerca, oggi, il consumatore, a sapere quando lo cerca, perché lo desidera e come proporlo.
A tutto questo aggiungo che le idee sono importanti, ma senza qualche addetto che spieghi come funziona il mercato, è impossibile definire una strategia per arrivare a colmare il mancante.
Una possibile soluzione
Una possibilità per superare la crisi dei centri storici potrebbe essere rappresentata da una regia centrale che coordini, saldi, giornate di spesa e attività di fidelizzazione dei clienti mediante strumenti di web marketing e strategie per comunicare sul web; creare una pianificazione continuativa per la comunicazione esterna (non pubblicità), sempre attiva, che accaparri acquirenti.
Concludo pensando che, ad oggi, non si possa fare impresa aprendo la bottega ma aggiornandosi e studiando in modo continuativo. Le istituzioni possono scegliere una linea, affidandosi agli addetti del mestiere, aprendo un tavolo di discussione con al centro una figura super partes.


