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Villa Venti, la libertà di essere unici

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Ed eccoci qua con il nostro classico appuntamento delle interviste di SpuntoLAB in giro per la nostra bella Romagna.

Oggi siamo a Villa Venti, con Mauro, il proprietario:

Il futuro è di chi crede nei propri sogni e li trasforma in idee per realizzare il proprio progetto di vita.

Ed è con queste sue bellissime parole che inizia la nostra chiacchierata.. Ciao Mauro, che cos’è e com’è nata Villa Venti?

 

Villa Venti nasce nel 2002 quando abbiamo comprato questa proprietà  abbandonata da 16 anni. Non c’era nulla di quello che c’è ora, la natura si era riappropriata del terreno e qui attorno, di fatto, c’era un bosco. Perché abbiamo scelto questo territorio e questa situazione? Perché ci dava la possibilità di partire subito col biologico.

 

Per tanti anni l’uomo non ha lavorato più questa terra, quindi i diserbanti che erano stati usati in precedenza su questi terreni erano già stati smaltiti dalla terra stessa. Questo ci ha dato subito l’opportunità di partire con un prodotto certificato biologico. Il nostro progetto partiva con quella che era l’identità del Sangiovese e per avercela devi avere un gran rispetto del suolo e dell’uva. Rispetto del suolo significa che il suolo deve essere vivo. Se tu invece usi dei prodotti di sintesi chimica il suolo è morto.

 

Un terreno è vivo se c’è fermento, cioè se in quella parte detta “cotica” c’è un’attività batterica che tiene la terra sollevata e slegata. Questa attività crea un concime importante che va in profondità, mentre un certo tipo di animali, di insetti e di erbe tengono sciolto il terreno in modo che arrivi ossigeno. E se arriva ossigeno c’è vita.

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Nessuno di noi faceva questo mestiere. Mio cognato faceva il rappresentante, mia moglie lavorava in uno studio di commercialisti e io in una multinazionale. Questo è il nostro sogno, ma è proprio dai sogni che nascono le idee e dalle idee poi nascono i progetti. Quando ci ritrovavamo il sabato e la domenica a pranzare con mia moglie, con i miei suoceri e con la sorella di mia moglie parlavamo sempre di queste cose qui. Io sono appassionato di vino da trent’anni, sono sommelier professionista, ma avevo una conoscenza solo dalla bottiglia in poi. Non avevo nessuna conoscenza di quello che succedeva prima.

 

Negli anni Novanta in Romagna sono stati fatti dei disastri per quello che riguarda il vino. In quegli anni, seguendo determinate mode e mercati, abbiamo fatto un Sangiovese “da muscolo”, come si suol dire, ma il problema è che già lo faceva la Toscana. Al limite, quindi, potevamo arrivare secondi e se arrivi secondo poi te la devi giocare sul prezzo. Inoltre quella non era la situazione adatta per il nostro territorio. La Toscana vinifica dai 350 metri in su per via delle loro colline, che sono più alte e hanno dei terreni diversi dai nostri, mentre noi vinifichiamo dagli 80 ai 500 metri, quindi eventualmente c’è solo una piccola parte sopra i 350 metri che può lavorare come la Toscana; tutto il resto deve lavorare in maniera diversa.

 

Lì c’è stata la grande scommessa di Villa Venti. Con l’agronomo Remigio Baldini e l’enologo Francesco Bordini abbiamo cominciato a lavorare su quella che è l’identità del Sangiovese a queste altitudini, capendo la composizione dei suoli per piantare tipologie di Sangiovese diversi a seconda dell’argilla che abbiamo in campo. Noi siamo partiti da qui. Se tu parti da un prodotto che ha un’identità, e quell’identità ce l’hai tu, quel prodotto è il tuo.

 

Gli altri passi da fare per Villa Venti erano la bevibilità e l’eleganza, con tutto un racconto legato all’identità. Quello che si chiama storytelling, in poche parole. Poi c’era la questione della digeribilità, ovvero manipolare il vino il meno possibile, perché se io ci metto dentro lieviti, tannini, acidi ascorbici, nanoproteine etc, e lo standardizzo, poi diventa difficile da digerire.

 

Un vino normalmente non ha meno di dodici ingredienti nell’etichetta. Qualsiasi vino nostro, invece, ha due ingredienti. Abbiamo un vino, poi, che ha un solo ingrediente: si chiama uva.

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Una delle più grandi soddisfazioni della mia vita l’ho avuta tre anni fa, alla degustazione del Gambero Rosso, quando il padre dei degustatori-giornalisti  ha messo il naso nel bicchiere e ha esclamato: “Villa Venti”. Ci ha riconosciuto subito, senza assaggiare. E lì che devi arrivare, a quella cosa che hai solo tu.

 

Qual è il vostro vino d’eccellenza?

 

Il Primo Segno. E’ un Sangiovese superiore ed è il nostro progetto. Noi nasciamo con quel vino lì, con l’identità del territorio nel Sangiovese, tant’è che sono nove anni che va in finale per i Tre Bicchieri del Gambero Rosso e questo è il quarto anno che li abbiamo presi.

E del territorio nel vostro vino cosa c’è?

 

Qui abbiamo una sorta di anfiteatro naturale. In estate è molto caldo e grazie ad una collina siamo riparati dalle salsedini del mare, quindi dalle parti iodate. Poi c’è un’apertura a Nord che di notte fa entrare l’aria fredda creando lo shock termico per i profumi. Tutto questo, che si chiama situazione pedoclimatica, è fondamentale. Il fatto di essere a otto chilometri dal mare è indispensabile per la termoregolazione che, ad esempio, a Bertinoro o a Rimini non hanno. Solo il mio vicino a Carpineta può avercela.

 

La bellezza della Romagna è che è strutturata su tre grandi fasce. La prima fascia dove siamo noi, che va dagli 80 ai 200 metri, ha argille slegate, sabbiose e colorate. Poi c’è la linea del calanco, che viaggia parallela alla via Emilia, e va dai 250 ai 350 metri e ha terreni gessosi e calcarei. Poi c’è la parte sopra, che sono malghe arenarie, dai 300 fino ai 500 metri, dove le montagne sono uscite prima dall’acqua, sono state dilamate a lungo e di conseguenza hanno portato la loro parte più nutriente in basso; loro hanno meno strato di terreno e sono più vicine alla roccia, quindi sono più austere. In quella terra i vini sono più forti ed ecco che lì, ad esempio, puoi fare i vini che fanno in Toscana.

 

Dove sono io, invece, devo giocare più sull’immediatezza. Devo giocare sul frutto, sulla parte “croccante”, sulla parte più “vivace” nel senso di viva, immediata, pronta ed energetica, perché queste argille qui sono sicuramente più ricche e hanno più nutrimento. Le maturazioni arrivano un po’ prima rispetto ad altri posti, ecco perchè hanno un frutto un po’ più croccante e più “dinamico”.

 

Questa è un po’ la differenza che c’è nelle zone della Romagna. L’impatto che il mare ha su Rimini e su Imola, ad esempio, non è lo stesso. Sono diversi i vini, sono diverse le strutture. Il Sangiovese è lungo 120 km, devi avere un’identità, altrimenti sono tutti uguali.

 

Qual è la percentuale di vendita all’estero?

 

Villa Venti vende all’estero per il 50%. Vendiamo in sei stati negli Usa, poi in Belgio e in Giappone. Speriamo anche nella Corea, perché là studiano tantissimo. Come ho detto ad un giornalista coreano, se bevessero per quanto studiano non ci basterebbero le bottiglie che abbiamo. Quando racconti un prodotto capiscono tutto: le balle ai coreani non le racconti.

 

Utilizzate delle tecnologie particolari per la vinificazione?

 

Il massimo della modernità è nel reinterpretare l’antico. Tutte le annate sono diverse e devi leggerle e interpretarle. Quando poi l’asticella è alta ogni annata non è mai semplice.

 

Villa Venti è cresciuta in pochissimo tempo

 

Sì, devo dire che siamo stati bravi perché siamo cresciuti da zero. Anzi, da sottozero. Non avevamo la terra, non avevamo i vigneti, il brand non era conosciuto, lo stile del vino era completamente diverso da quello che la Romagna proponeva. Già alla quarta vendemmia, nel 2008, abbiamo preso il nostro primo Tre Bicchieri del Gambero Rosso. E lì Giorgio Melandri, il giornalista che selezionava i vini per l’Emilia Romagna e ha portato il nostro vino a Roma, ha fatto una vera operazione di libertà. Noi abbiamo fatto una scelta di libertà creandoci lo stile ed uscendo da quello che erano gli schemi. E lui ha fatto altrettanto portando a Roma un prodotto che andava controcorrente.

Quanto incide la comunicazione nella vostra azienda?

E’ fondamentale. L’immagine dell’azienda dev’essere reale, non dev’essere costruita, e tutto è legato a quello che facciamo. Nella prima brochure che abbiamo fatto c’era la foto della nostra famiglia riunita a tavola e quando siamo andati all’estero era quella l’immagine che colpiva più di tutti: è l’immagine per la quale ti ricordavano. Colpiva il fatto che tre famiglie si fossero messe assieme per fare questo progetto.

 

Ringraziamo Mauro e la sua famiglia per averci ospitato ed accolto trasmettendoci tutta la loro passione! La Romagna è anche questo: grandi imprenditori in piccoli territori in grado di renderci straordinariamente unici

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