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Corporate storytelling, l’arte di emozionare con i contenuti

17 Maggio 2021 | Redazione Spuntolab

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Secondo una ricerca della National Retail Federation condotta da Prosper Insight & Analytics, circa il 52% dei consumatori preferisce avere come regalo un’esperienza, percentuale che sale al 57% nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni. L’importanza delle esperienze è confermata anche da un’altra indagine di Oracle condotta da Harris Interactive, secondo la quale circa l’86% dei clienti pagherebbe di più per un’esperienza di consumo migliore. L’89% di essi passa a un’azienda concorrente nel caso di un’esperienza mediocre.

Numerosi studi di neuromarketing hanno invece dimostrato come le emozioni guidino gran parte delle decisioni e dei comportamenti degli esseri umani. Secondo Baba Shiv, professore di marketing alla Stanford Graduate School of Business, circa il 95% delle decisioni che prendiamo ogni giorno non sono razionali ma sono dettate dalle  emozioni. Esse possono essere definite come degli stati mentali che nascono come reazioni a stimoli provenienti dall’ambiente esterno e giocano un ruolo fondamentale in molti processi della mente umana. Questi influenzano il processo di elaborazione delle informazioni, spingono verso l’attuazione di comportamenti orientati a un determinato obiettivo, fungono da intermediari nelle risposte a richieste attrattive e infine sono utili anche per misurare gli effetti degli stimoli di marketing e del benessere del consumatore.

Di conseguenza, il successo di un brand può essere costruito grazie all’arte di emozionare con i contenuti attraverso l’interazione con i prodotti. Alcuni studi hanno dimostrato che se si crea una connessione emozionale tra i consumatori e i brand questa genera una maggiore fedeltà e quindi maggiori profitti per le aziende.

Il termine “story” non dovrebbe essere tradotto in “storie” bensì con l’italiano “racconto” che, a sua volta, può essere assimilato ai termini “rappresentazione” e “simulazione”. “Per questo fare storytelling significa in primo luogo creare rappresentazioni – testuali, visive, sonore, percettive – che un brand, un prodotto/servizio, o una persona possono creare per emozionare e relazionarsi meglio con un pubblico”. In definitiva, quindi, l’autore definisce lo storytelling come “comunicare attraverso racconti”.

Tappe che portano l’ascoltatore ad abbandonarsi gradualmente al piacere narrativo

Tuttavia la trance narrativa d’ascolto non subentra appena inizia il racconto di una storia, ma ci sono alcune tappe che portano l’ascoltatore/lettore ad abbandonarsi gradualmente al piacere narrativo. Esse sono sette e sono valide per qualsiasi tipo di storia, che si tratti di un discorso politico o di una narrazione di marca:

1. CONTATTO: rappresenta il momento in cui per la prima volta si entra in contatto con la narrazione attraverso i cinque sensi

2. FAMILIARITA’: dopo il primo contatto, è il momento in cui si inizia a sviluppare fiducia e confidenza con l’oggetto narrativo

3. IMMERSIONE: rappresenta il momento in cui la narrazione avvolge totalmente l’audience a cui è rivolta che può essere considerata, appunto, “immersa” nel racconto

4. IDENTIFICAZIONE: è il momento, considerato il più importante, in cui avviene l’identificazione dell’audience con gli elementi del racconto che vengono collegati con la memoria e l’esperienza personale

5. EMERSIONE: è il momento in cui la narrazione termina e l’audience emerge dalla trance in cui era caduta durante il racconto

6. DISTANZIAZIONE: rappresenta il momento, posteriore alla fine del racconto, durante il quale vengono dimenticati i dettagli dello stesso ma conservati i ricordi che l’esperienza nel suo complesso ha comunque lasciato

7. TRASFORMAZIONE: qualsiasi racconto ha un impatto su chi lo riceve, che può essere grande e comportare una trasformazione radicale oppure anche minuscolo e durare per pochissimo tempo rispetto alla fine del racconto. La trasformazione può consistere nell’adottare un nuovo comportamento oppure un nuovo punto di vista o ancora provare uno stato d’animo diverso

Un altro degli obiettivi che può essere efficacemente perseguito attraverso il Corporate Storytelling, che si occupa di emozionare con i contenuti, è riuscire a veicolare correttamente l’identità aziendale (o corporate identity) nei confronti di tutti gli interlocutori, sia interni che esterni. Secondo Gabriele Qualizza – che svolge attività di ricerca, consulenza e formazione nell’ambito del marketing e della comunicazione d’impresa – questa finalità dello storytelling sta acquisendo sempre maggiore importanza e può essere annoverata tra le “modalità di fare impresa, nelle quali è implicito un più forte coinvolgimento dei diversi stakeholder” (le parti interessate, ndr). Infatti, uno dei rischi maggiori che oggi le imprese corrono nell’agire in un contesto ad elevata variabilità e complessità è quello di trasmettere messaggi frammentari e talvolta anche contraddittori.

Per evitare di fare questo l’impresa, quando comunica, dovrebbe fare sempre riferimento a un elemento unificante che dia armonia e coerenza, a prescindere dai mezzi e dal messaggio veicolato. Questo elemento è appunto la corporate identity che può essere definita come “l’articolazione unica e irripetibile di ciò che l’impresa è, di ciò che l’impresa fa e di come l’impresa agisce”.

In che modo il Corporate Storytelling rappresenta il mezzo attraverso il quale comunicare in maniera efficace la corporate identity e quindi chiudere il gap tra identità e immagine? La risposta è racchiusa nella creazione di una core story, ossia una storia centrale che comprenda i valori fondamentali e il tema dominante dell’impresa. Una sorta di “filo conduttore” che attraversi tutta l’organizzazione nella sua interezza. Essa non esprime le caratteristiche tecniche e funzionali dei prodotti che l’azienda vende, ma spiega chi è l’azienda e cosa fa per migliorare la condizione dei suoi stakeholder. L’importanza della core story è cruciale: essa dovrebbe fungere da bussola che dirige tutta la comunicazione aziendale sia internamente che esternamente. (“It should act as a compass directing all company communication both internally and externally”).

Deve essere come un faro che guidi l’agire di chi rappresenta l’azienda, qualcosa in cui credere e che assicuri che la comunicazione avvenga in modo chiaro e coerente.

Secondo Andrea Fontana, la core story di un’azienda è la risultante di “una fusione acronica e complessa tra oggetti di narrazione interna, di narrazione esterna e di percezione dei pubblici”.

In particolare, è possibile individuare quattro elementi fondamentali per creare una cora story che in generale rappresentano i pilastri fondamentali per costruire qualsiasi storia.

Essi sono:

  • il messaggio
  • il conflitto
  • i personaggi
  • la trama

Il primo passo per emozionare con i contenuti consiste nell’elaborare un messaggio chiaro e comprensibile. Esso rappresenta il fondamento della storia, un’affermazione ideologica che incarna il tema centrale attraversando tutta la storia nella sua interezza. E’ fondamentale che esso sia unico, altrimenti si corre il rischio di comunicare in modo confuso e frammentato non riuscendo a dare una chiara dimostrazione di quali siano l’identità e i valori fondanti dell’azienda.

Pertanto le imprese devono tener conto di ciò fin dal momento in cui viene progettato il prodotto: “la relazione, la capacità di scambio emotivo e culturale, è la vera ed esclusiva qualità prioritaria del prodotto contemporaneo: conta il saper raccontare una storia”. Nel contesto di consumo attuale, quindi, il prodotto è diventato uno strumento attraverso il quale comunicare e raccontare: “il valore del fare, del produrre e del progettare – conclude Andrea Fontana – risiede allora nella volontà di costruire percorsi di senso, prodotti che siano storie, luoghi, insiemi di valori condivisibili”

E’ interessante riportare in questo contesto lo studio portato avanti dagli autori Lee e Shin sui produttori giapponesi di sakè, con il quale hanno dimostrato come attraverso lo storytelling sia possibile coinvolgere i consumatori e ottenere la loro fedeltà nei confronti di un prodotto. In particolare, essi hanno focalizzato la loro attenzione su uno dei più antichi produttori giapponesi di sakè, Kida, che produce la tipica bevanda alcolica giapponese da circa 300 anni.

Gli autori hanno visto come attraverso il racconto della sua storia centenaria e della sua tradizione inestimabile, Kida sia riuscito ad avvicinare sempre più consumatori verso il sakè, rivitalizzando una delle industrie più significative del paese nipponico. Oltre al racconto della propria storia, Kida ha trasformato la propria azienda in un vero e proprio luogo turistico dove i consumatori possono recarsi per visitare il luogo di produzione del sakè. I visitatori possono toccare e comparare i differenti tipi di riso, fondamentale per il sakè, guardare come avviene il processo di fermentazione della bevanda e anche provare le diverse tipologie di sakè. Il produttore Kida, quindi, è riuscito a dare nuovo impulso a un prodotto che esiste da più di 300 anni attraverso lo storytelling e la creazione di una completa esperienza di consumo all’interno dell’azienda stessa. I risultati sono visibili, non solo nel costante flusso turistico che vede come protagonista l’azienda produttrice di sakè, ma anche nell’aumento della quota di vendite dirette di sakè ai singoli consumatori, mentre prima i distributori rappresentavano il principale canale di vendita della bevanda. Questi sono i trucchi per aumentare vendite online utilizzati da questa azienda in particolare, per fare questo è importante lavorare nel web marketing per poter creare un progetto che rispetti le necessità dell'azienda.

Il Center for Digital Storytelling, ribattezzato Story Center nel 2015, è stato il primo a organizzare workshop sul Digital Storytelling e ad aiutare persone e imprese a raccontarsi e ad emozionare con i contenuti attraverso i nuovi media. I fondatori hanno anche definito i sette elementi che lo caratterizzano e che rappresentano il punto di partenza dal quale iniziare per creare storie digitali. In breve, essi sono:

1. IL PUNTO DI VISTA: la storia dovrebbe essere sempre raccontata dal punto di vista dell’autore per renderla personale ed autentica

2. LA DRAMATIC QUESTION: la domanda attorno alla quale costruire tutta la storia deve rappresentare qualcosa che valga la pena di raccontare, che desti curiosità e che venga risolta al termine della storia

3. EMOZIONARE CON I CONTENUTI: il coinvolgimento emotivo rappresenta il primo risultato che una storia dovrebbe raggiungere per creare un legame tra questa e l’audience

4. L’USO DELLA VOCE: rappresenta un modo per personalizzare la storia

5. LA COLONNA SONORA: elemento fondamentale per accompagnare il racconto, suscitare emozioni e creare coinvolgimento

6. ECONOMIA: evitare la sovrabbondanza di contenuti, raccontare soltanto ciò che è necessario e veramente coinvolgente

7. UN RITMO ADEGUATO: scegliere in che modo proseguire nella storia quanto velocemente o lentamente

Qualche anno fa uno strumento molto innovativo e interessante, nonché figlio della vertiginosa espansione dello storytelling online, era Storify, una piattaforma che permetteva di creare una storia unendo contenuti già presenti sugli altri social media o in generale nel web, integrandoli con un titolo per l’intera storia, una breve descrizione e commenti sui vari contenuti aggiunti.

In conclusione, è possibile affermare che, mentre lo storytelling è un fenomeno già ampiamente studiato e approfondito anche se è appena all’inizio, il processo di adozione come strumento di comunicazione nelle aziende, le ricerche riguardanti la post-verità sono ancora poco numerose e poco approfondite. Questo lavoro, dunque, rappresenta senza dubbio un punto di partenza sia per quanto riguarda l’utilizzo sistematico e organizzato dello storytelling come strumento inserito nella comunicazione d’impresa, sia per quanto riguarda il fenomeno delle fake news e della post-verità che, lungi dall’essere relegato a un fenomeno sporadico e irrilevante, merita di essere approfondito e analizzato con maggiore attenzione.

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